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Ciro Discepolo | Estri & Astri | Il posto delle fragole


Il posto delle fragole (di Ingmar Bergman)
di Ciro Discepolo


Nel film, Il posto delle fragole, di Ingmar Bergman (Svezia 1957), la traccia portante del racconto visivo è costituita dal viaggio che il professore Isak Borg compie da Stoccolma a Lund, al termine della primavera che contava i suoi 78 anni, per ritirare il premio del suo giubileo professionale e, come tutti i viaggi della fiction e della letteratura, questo ne rappresenta un altro: quello dell'uomo all'interno della sua coscienza e del suo passato.

La notte prima della partenza il vecchio Borg sogna di essere uscito per la sua solita passeggiata mattutina, ma si ritrova in una zona sconosciuta della città dove vi sono strade deserte e case diroccate. Tutti gli orologi sono senza lancette (è finito il tempo?) ed egli si imbatte prima in un uomo morto e poi con l'immagine di se stesso che, con una maschera sul viso, cerca di tirarlo dentro una bara. L'isolamento, la morte, le campane che suonano a lutto, le strade deserte, tutti questi simboli lo fanno svegliare di soprassalto e gli fanno comprendere l'avvicinarsi della sua fine. Allora decide di non partire in aereo per Lund ma di giungere a destinazione in macchina. Ad accompagnarlo c'è la nuora Marianne che è temporaneamente separata dal marito.

Man mano che procedono nel loro viaggio, il professore si apre alla donna che non esita a dirgli come tutti lo giudichino un forte egoista che pensa solamente a se stesso. Il film, bellissimo bianco e nero, prosegue con l'andare indietro del dottore, nel tempo, ed egli decide di fermarsi a mostrare a Marianne la casa dove andava da giovane, in estate, per fare la villeggiatura con i suoi nove fratelli. Si avvicina ad un cespuglio e con un pizzico di agitazione mostra alla nuora il posto delle fragole. È questo il punto centrale del film che spiega molte cose che ritengo abbia voluto dire il grande regista svedese, che ho amato e amo molto, ma soprattutto mi piace quel Bergman degli anni Cinquanta. Il vecchio professore, specializzato in batteriologia, vestito con il cappotto mentre la sua giovane accompagnatrice va a fare un bagno poco più avanti, rivede le scene della sua giovinezza in un flash-back dal montaggio più rapido delle altre scene "reali". Egli ricorda che lì subì il primo duro colpo dalla vita: nel posto delle fragole la sua Sara, forse quindicenne come lui, bacia suo fratello Sigfrid che poi la sposerà togliendola a lui.

Borg ascolta lo sfogo di Sara con la sorella maggiore; dice di lui: "... è un ragazzo gentile, buono, dai buoni sentimenti, nobile, sensibile, premuroso; legge le poesie, ha un animo così elevato. A volte mi dà l'impressione di essere un bambino". Borg, quando la notizia del bacio tra Sara e Sigfrid si diffonde attraverso le voci sincronizzate delle pestilenziali gemelline, riceve il primo grande scossone dalla vita e capisce che il sentimento non paga. Attenzione perché questo - forse - è il passo più importante del film che ci descrive cosa accade, spesso, ai cancerini come Bergman che firmò il soggetto, la sceneggiatura e la regia del film. Iniziò, in quel momento, per il giovane Isak, quel processo psicologico che porta, come penso io, un Cancro tenero e dolce a compensare questi sentimenti che non sono vincenti e a diventare coriaceo, duro (superficialmente), egoista, insomma un "Capricorno classico". Questi cancerini "compensati" diventano super-efficienti, drastici, duri, perfino "nazisti" (non nel senso politico, ma in quello della intransigenza). Dunque Bergman ci descrive questo sottile passaggio in cui lui diventò vecchio in poco tempo e visse - così dice alla nuora con cui ha ripreso il viaggio - "come se fosse già morto".

Nella macchina con loro adesso ci sono tre giovani: una ragazza, Sara, piena di gioia e di animo gentile (l'anima del vecchio Borg), Anders, che studia per diventare teologo (quella parte del medico che sempre meno spesso si interroga sull'esistenza di Dio e sul mistero della morte) e Viktor, laureando in medicina, che con la sua maschera di sarcasmo e con la presunzione della scienza, incarna benissimo la figura del vecchio studioso inaridito nei sentimenti. I tre giovani chiedono un passaggio per Lund da dove proseguiranno per andare in Italia. L'atmosfera si fa più gioiosa e Borg finisce per aprirsi sempre più, ma man mano che il viaggio prosegue il cielo (metaforicamente) si fa più scuro ed arriva anche il temporale. Poco prima c'è stata la visita di Marianne e del suocero alla vecchissima madre di lui. La giovane resta sconcertata perché vede in quattro generazioni (la madre di Borg, lo stesso Isak, il figlio di questi che è suo marito ed il feto che porta in grembo) come una sola linea diritta di egoismo, distacco umano, aridità di sentimenti.

Adesso è Marianne a guidare la vecchia auto ed Isak sogna di nuovo. Le scene che seguono, del professore che è tornato a fare l'esame, sono chiaramente di ispirazione kafkiana ed il sogno non è altro che una sorta di processo a Josef K., come avviene nel racconto raccapricciante dello scrittore boemo, anch'egli profondamente cancerino. Il professore guarda nel microscopio senza vedere nulla (non "legge" la realtà). Alla fine la condanna che gli sarà applicata sarà "la solitudine".

Lund si avvicina sempre di più ed il vecchio Borg si rende sempre più conto di aver vissuto una vita da morto, mortificando le proprie emozioni e condannando se stesso all'isolamento completo. Sta avvenendo in lui ciò che Jung chiama il processo di individuazione, appunto quando si prende piena coscienza di se stessi. Rami neri e contorti sfiorano il tetto della macchina che va loro incontro e fanno pensare a delle macchie di Rorschach.

Finalmente il viaggio finisce con la cerimonia di premiazione del professore ed il film si conclude con una nota ottimista che ci mostra Marianne ricongiungersi al marito ed il vecchio professore che si addormenta (e dà l'idea di non doversi più risvegliare) pensando di nuovo all'infanzia e vedendo i due genitori - dall'altra parte della sponda - che gli sorridono e gli fanno cenno di andare con loro.

 

Ciro Discepolo

 

Tratto da Estri&Astri, edizioni Ricerca '90